MDMA: via alla sperimentazione su malati di PTSD in USA

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Mentre l’Italia rimane impigliata in uno stallo politico e legislativo sul tema cannabis (la legge per la legalizzazione della pianta, in discussione in Parlamento, ha subito lo stralcio della sola parte terapeutica, rimandando ad un imprecisato futuro ogni speranza di legalizzazione totale nel nostro paese), il mondo si muove vorticosamente sul tema delle sostanze controllate.

Infatti non si parla, qui, solo di cannabis e delle numerose aperture sulle sue sperimentazioni terapeutiche (e ricreative!), in atto dalla Svizzera agli Stati Uniti passando per Sud-America e Nord-Europa, ma anche e soprattutto di sostanze, negli anni, divenute illegali sebbene nate per l’utilizzo in ambito terapeutico. Proprio queste “sostanze controllate” saranno al centro del dibattito della Conferenza Internazionale organizzata dall’Associazione Luca Coscioni a Torino il 29 settembre, dal titolo evocativo: Terapie Stupefacenti – DIRITTO ALLA SCIENZA E LIBERA DI RICERCA SULLE SOSTANZE STUPEFACENTI E PSICOTROPE.

Proprio in quest’occasione sarà sicuramente salutata con favore la decisione dell’U.S. Food and Drug Administration (FDA), l’agenzia del farmaco americana, di concedere il via libera all’utilizzo sperimentale della terapia innovativa con MDMA per il trattamento del disturbo da stress post-traumatico (PTSD), una condizione di disordine psicologico innescata da un evento particolarmente traumatico e responsabile di cambiamenti nella funzione e nella struttura del cervello. I sintomi possono includere flashback, incubi e gravi ansietà, nonché pensieri incontrollabili sull’evento.

Questa incredibile apertura rispetto all’applicazione medica di sostanze controllate negli USA proviene da un accordo tra MAPS (l’associazione multidisciplinare per gli studi con sostanze psichedeliche) ed FDA che coinvolge, nell’ambito del Processo denominato “Protocollo Speciale di Valutazione”, la progettazione di due prossimi studi sulla psicoterapia assistita da MDMA per pazienti con grave PTSD.

Concedendo alla sperimentazione con MDMA la denominazione di “terapia innovativa”, la FDA ha di fatto convenuto che questa tipologia di trattamento può avere un vantaggio significativo e una maggiore conformità rispetto ai medicinali già disponibili per il trattamento del PTSD, una vera e propria piaga, quest’ultima, che coinvolge una percentuale importante di cittadini americani, tra cui numerosi veterani. Stando infatti ai dati riportati da PTSD United  l’8% degli americani – circa 24,4 milioni di persone, cifra pari alla popolazione dello stato del Texas – soffre di PTSD nel momento in cui scriviamo. Sempre stando ai dati riportati, il 70% degli adulti americani ha sperimentato nella vita almeno un evento traumatico, che equivale a dire almeno 223,4 milioni di persone, il cui 20% – circa 44 milioni di persone – ha sofferto o soffre di PTSD. 

Se si parla di veterani di guerra, la percentuale di chi soffre della patologia ha un’impennata importante. Il numero dei veterani affetti da PTSD varia in base all’era del servizio: basti pensare che nelle operazioni “Iraqi Freedom” e “Enduring Freedom” una percentuale compresa tra l’11 e il 20% di coloro che hanno servito ha riportato sintomi di PTSD, in netto aumento rispetto al dato del 12% di “Desert Storm” del 1990. Si parla invece del 30% relativamente alla percentuale dei veterani della Guerra del Vietnam che hanno manifestato disturbi da PTSD nell’arco della loro vita.

La sopracitata definizione di “terapia innovativa” viene solitamente concessa dalla FDA:

  1. per i trattamenti che sono destinati, da soli o in combinazione con uno o più farmaci, al trattamento di una malattia o di condizioni gravi o pericolose per la vita;

  2. quando le prove cliniche preliminari indicano che questi farmaci possono comportare un notevole miglioramento nella cura rispetto alle terapie esistenti.

 

La designazione di “terapia innovativa” significa anche che la FDA lavorerà a stretto contatto con MAPS nei prossimi mesi per fornire indicazioni sull’evoluzione dell’uso dell’MDMA nel trattamento del disordine post-traumatico da stress, con l’intento di progettare e condurre il programma di sviluppo nel modo più efficace possibile e, si spera, renderlo presto un modello di cura disponibile per tutti gli affetti da PTSD.

L’associazione MAPS, che ha già svolto le prime sperimentazioni, ha recentemente completato gli studi di Fase 2 con 107 partecipanti (tutti con PTSD cronica e resistente ai trattamenti convenzionali, didurata media di 17,8 anni), il 61% dei quali, dopo sole tre sessioni di psicoterapia assistita da MDMA, due mesi dopo il trattamento non è stato più qualificabile come affetto da PTSD. Al follow-up di 12 mesi, il 68% non ha più mostrato segni di PTSD.

Le sperimentazioni di Fase 3, che inizieranno all’inizio del 2018, valuteranno l’efficacia e la sicurezza della psicoterapia affiancata da MDMA nei pazienti con PTSD a partire dai 18 anni, e verranno svolte negli Stati Uniti, in Canada ed in Israele. I partecipanti saranno randomizzati per ricevere tre sessioni di lunga durata di MDMA o placebo in associazione con la psicoterapia durante un periodo di trattamento di 12 settimane.

Nella primavera del 2018 avrà inizio anche una Fase 2 allargata (MAPP1) dello studio, che vedrà la partecipazione di circa 100-150 soggetti. Si tratterà, scrivono da MAPS, di “Uno studio randomizzato, a doppio cieco, controllato con placebo, sull’efficacia e la sicurezza di MDMA e Psicoterapia assistita per il trattamento del grave disturbo post-traumatico“.

Al termine delle sperimentazioni sopraelencate, in programma per il prossimo anno, la FDA dovrà decidere, in base ai risultati ottenuti – ad oggi tutt’altro che deludenti -, se approvare o meno l’MDMA come un trattamento soggetto a prescrizione legale per il PTSD, e se renderne obbligatorio l’utilizzo in combinazione con la psicoterapia anche durante i ricoveri ospedalieri.

Dal Belpaese non si può che plaudire alla scelta dell’FDA, del tutto in controtendenza con il “conservatorismo proibizionista” italiano che si ostina a non voler aprire alcun dibattito, né politico né medico-scientifico, sulle potenzialità delle cure con LSD, MDMA, Cannabis e via dicendo. Per replicare a questi silenzi, dunque, la cosa migliore è fornire dati, fatti, studi, risultati di sperimentazioni come quelle di MAPS in America, un motivo in più per sfruttare l’occasione di ascoltare luminari illustri sul tema delle sostanze controllate a Torino a fine settembre!

di Viola Tofani, Membro di Giunta ALC


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