Il dibattito pubblico sulla cannabis in Spagna, tradizionalmente più aperto, animato e scientifico rispetto a ciò cui siamo abituati in Italia, è entrato al Parlamento di Madrid con due proposte che gettano il cuore oltre l’ostacolo del proibizionismo: su iniziativa del Partido Nacionalista Basco (PNV) il Congresso dei deputati (la Camera spagnola) lavorerà su una proposta per regolamentare l’uso della cannabis per scopi medicinali. A questa iniziativa si è aggiunta, la scorsa settimana, quella di Podemos, Mas Pais e Sinistra Repubblicana di Catalogna (ERC) volta ad una regolamentazione complessiva della produzione, vendita o cessione, uso e trasporto di cannabis anche a scopo ricreativo.
In Spagna il proibizionismo sulla cannabis è in vigore dal 1967 ma negli ultimi 20 anni, a macchia di leopardo, le cose sono iniziate a cambiare con i cannabis social club, il 70% dei quali si trova nella municipalità di Barcellona, oggi più di 200: per accedervi è necessario essere maggiorenni, utilizzare appieno le proprie facoltà mentali e avere l’avallo di un membro, poiché la regola base è che la cannabis non viene distribuita a terzi al di fuori dell’associazione; l’attività non si limita all’uso terapeutico della cannabis, ma anche alla pratica ricreativa. Nel 2019 il Tribunale supremo spagnolo aveva respinto una legge approvata dal parlamento catalano che ammetteva il consumo personale di cannabis, spiegando che le leggi sul consumo e la vendita di sostanze stupefacenti fossero di competenza del parlamento spagnolo di Madrid, e che pertanto potessero essere cambiate soltanto attraverso una modifica del codice penale. Inoltre lo scorso luglio il Senato spagnolo ha rifiutato di processare una legge per regolamentare i club dei consumatori di cannabis con i voti contro il PSOE, PP e Vox.
Sembra insomma che anche nella penisola iberica tutto possa cambiare affinché nulla cambi. Sull’uso medico della cannabis la Spagna è molto più indietro rispetto all’Italia ma questo non vale per l’uso ricreativo: il modello spagnolo infatti, quello dei club, è preso ad esempio da molti, anche in Italia, come modello virtuoso. Il primo ministro Sánchez, che non è per nulla digiuno di politiche di regolamentazione delle sostanze, ritiene secondo il quotidiano El Pais che “nessuno dei modelli” attualmente in vigore (l’uruguaiano, il canadese e quello di vari Stati statunitensi) sia “adatto” alla Spagna. Ritiene, tuttavia, che un “ibrido” delle tre proposte che sono state registrate al Congresso sarebbe una buona opzione.
La regolamentazione potrebbe cambiare anche il destino di molti consumatori: ogni anno sono oltre 13.000 i nuovi detenuti per crimini legati alla cannabis e secondo la polizia spagnola Barcellona è oggi “l’epicentro del mercato illegale della marijuana in Europa”, seguita da Andalusia e Comunità Valenciana.
Secondo l’Università autonoma di Barcellona la legalizzazione produrrebbe inoltre un impatto economico positivo per l’erario spagnolo: 8,5 miliardi di euro di ricavi dell’intera industria da tassare e oltre 100.000 posti di lavoro diretti.
Via | El Pais
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