La Corte di Cassazione ha verificato le firme raccolte dal Comitato promotore per il referendum sulla cannabis, giudicandole sufficienti in numero e inviando il quesito alla Corte Costituzionale che entro il 15 febbraio dovrà valutarne la costituzionalità.
Significa che la Cassazione ha ritenuto valide le oltre 500mila firme presentate, raccolte per la prima volta nella storia repubblicana esclusivamente online. E significa che ora bisogna lavorare e difendere il quesito, cominciando a prepararsi per la campagna referendaria: le truppe antiproibizioniste stanno già affilando le armi.
Il 12 gennaio infatti in Conferenza Stato Regioni è stato riproposto lo schema di decreto a firma Mipaaf e Minsal sulle piante officinali che relega completamente foglie e infiorescenze della Canapa Industriale alla legge 309/90, assoggettando alla normativa sulle sostanze stupefacenti parti di piante non stupefacenti, in subordine ad autorizzazioni ministeriali. Cosa significa? “Il rischio è che nel caos normativo e in un quadro già caratterizzato da interpretazioni non omogenee nelle varie regioni e procure stesse, la coltivazione e prima trasformazione per tutti gli altri usi e indotti non farmaceutici venga azzerata […] la canapa si trasformerebbe agli occhi di tutte le forze dell’ordine in sostanza stupefacente, intasando ulteriormente la macchina della giustizia e con la paura del processo spaventando soltanto gli onesti e quelli che hanno qualcosa da perdere” affermano in un comunicato stampa congiunto delle associazioni di canapai, gli operatori del settore.
Il decreto non avrebbe forza di legge ma solo la capacità di creare confusione mettendo a rischio 3000 imprese e 15.000 lavoratorri, la maggior parte sotto i 30 anni.