La Corte penale internazionale (CPI) questa settimana ha sospeso le sue indagini sui sospetti abusi dei diritti umani commessi durante la “guerra alla droga” del presidente filippino Rodrigo Duterte, dando così seguito ad una richiesta del governo di Manila depositata dall’ambasciatore filippino Eduardo Malaya.
“L’accusa ha temporaneamente sospeso le sue attività investigative mentre valuta la portata e l’effetto della richiesta di rinvio” ha fatto sapere in un comunicato il procuratore della CPI Karim Khan, lo scorso 18 novembre. L’accusa richiederà ulteriori informazioni alle Filippine.
L’indagine era stata autorizzata solo lo scorso settembre. Secondo i dati ufficiali del governo di Manila almeno 6.181 persone sono morte in oltre 200.000 operazioni antidroga condotte da luglio 2016 ma i pubblici ministeri della CPI nei documenti del tribunale stimano che la cifra sia compresa tra i 12.000 e i 30.000 morti.
La stessa CPI, annunciando le indagini, ha affermato che la guerra alla droga di Duterte, eletto nel 2018, assomigliava a un attacco illegittimo e sistematico contro i civili.
La guerra alla droga del presidente filippino era stata annunciata già durante la campagna elettorale, quando era proprio Duterte a promettere ai suoi sostenitori di “sbarazzarsi del problema della droga” nelle Filippine. Da presidente ha spesso ordinato apertamente e pubblicamente alla polizia, anche durante affollati comizi, di uccidere i sospettati di traffico o di uso di droga. Duterte ha ritirato Manila dalla CPI nel 2019, in seguito all’apertura delle indagini preliminari, ma la Corte sostiene di avere ugualmente giurisdizione sui crimini commessi mentre le Filippine erano ancora membro della CPI.
Lo scorso ottobre, dopo un lungo braccio di ferro a mezzo stampa, Duterte ha annunciato il ritiro dalla politica, la non-candidatura nel 2022 e che avrebbe preparato la propria difesa alla CPI: nella lettera di richiesta di rinvio l’ambasciatore filippino afferma che il governo filippino sta indagando sui “presunti crimini contro l’umanità” commessi durante la guerra alla droga: Manila “ha intrapreso e continua a svolgere indagini approfondite su tutti i decessi segnalati durante le operazioni anti-narcotici nel Paese”.
Diverse organizzazioni per i diritti umani sostengono che tali affermazioni siano solo un tentativo di prendere tempo da parte del governo filippino e di Duterte, un diversivo per offuscare le indagini e il processo della stessa CPI.