I talebani dicono no all’oppio ma non ci crede nessuno

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I miliziani talebani che hanno preso il potere a Kabul, in Afghanistan, hanno promesso di eliminare il narcotraffico. E, quindi, di rinunciare a un’importante fetta di Pil e di autofinanziamento.

Secondo l’agenzia delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine (UNODC), l’Afghanistan produrrebbe l’81% dell’oppio secco, seguito dal Messico (6%) e dal Myanmar (5%). Non a caso Kabul è anche al centro dei principali traffici al mondo di eroina – l’oppiaceo più diffuso, di cui fino a 600 tonnellate arriverebbero dall’Afghanistan – mentre secondo l’agenzia europea per il monitoraggio del traffico di droga (EMCDDA) sarebbe in forte aumento anche la produzione di metamfetamine. La produzione afghana negli ultimi anni è in aumento, nonostante dal 2018 stia rallentando a causa della diminuzione del prezzo, ai minimi almeno dal 2004. Il picco è stato raggiunto nel 2017. Il gruppo ha sempre sfruttato questo commercio per finanziare le proprie attività (secondo gli Usa rappresenterebbe il 60% delle entrate dei talebani).

Sempre secondo l’UNODC, che ha condotto un sondaggio nella regione Sud-Ovest del Paese, il 58% delle tasse imposte ai coltivatori andavano nel 2019 in mano ai talebani, il 15% ai potentati locali, il 10% a gruppi antigovernativi, il 9% a polizia e pubblici ufficiali, l’8% ad altri.

Tutti questi numeri fanno pensare che il proibizionismo talebano non sarà poi molto diverso dal proibizionismo del resto del mondo: ipocrita e di facciata.


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