Droghe, la Relazione al Parlamento in numeri

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Poco più dell’88% degli studenti con profilo d’uso “a rischio” riferisce di potersi procurare cannabis facilmente e, una quota di poco inferiore (87%), dice di conoscere luoghi dove procurarsela. Tra questi l’81% indica la strada come luogo di principale acquisto; il 46% afferma si rivolge a uno spacciatore, mentre il 40% la trova in discoteca o al bar. Il 15% se la procura su internet. I profili di utilizzatori si distinguono per la frequenza di consumo di cannabis: il 53% di chi è “a rischio” riferisce di utilizzarla 20 o più volte al mese e il 42% di essere poli utilizzatore contro, rispettivamente il 19% e il 5,2% dei “non rischio”.

A fronte di questo consumo diffuso gli arresti riguardano una percentuale minima. Malgrado ciò, un terzo della popolazione carceraria è costituito da detenuti per reati droga-correlati. Al 31 dicembre 2020 le persone detenute per reati in violazione del DPR n. 309/1990 erano 18.697, il 35% del totale dei presenti: il 95% aveva commesso reati di produzione, traffico e detenzione di sostanze stupefacenti (Art. 73) mentre il 35% reati di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti (Art. 74).

L’andamento temporale dei soggetti detenuti per reati droga-correlati evidenzia una sostanziale riduzione avvenuta tra il 2010 e il 2014 (anno della sentenza n. 32/2014 della Corte Costituzionale sulla legge cosiddetta Fini-Giovanardi) che aveva avuto come conseguenza una sostanziale depenalizzazione del consumo personale. La Relazione segnala però un successivo incremento sino al 2019 e un importante calo nell’ultimo anno di rilevazione. Fino al 2013, i soggetti detenuti per reati droga-correlati costituivano una percentuale compresa tra il 39% e il 42%. Dal 2014, tale quota si è assestata attorno al 35%.

Al termine dell’anno 2020 la percentuale di cittadini stranieri tra i soggetti reclusi per produzione, traffico e detenzione di sostanze stupefacenti, era di poco superiore a un terzo, dato in costante diminuzione dal 2010, anno in cui erano circa la metà dell’intera popolazione in esame. La quota di soggetti stranieri, tra i detenuti per reati di produzione, traffico e detenzione di sostanze stupefacenti, risulta invece più alta di quella osservata tra tutta la popolazione carceraria (36% contro 33%).

Durante tutto il corso dell’anno 2020, il flusso degli ingressi dalla libertà conta 15.698 soggetti entrati in carcere per reati di produzione traffico e detenzione di sostanze stupefacenti (Art. 73), corrispondenti al 29% del totale degli ingressi. In seguito a un decremento degli ingressi dalla libertà registrato sino al 2015, gli stessi si sono assestati intorno ai 14.000 soggetti per anno, per aumentare nell’ultimo anno di rilevazione.

Nell’anno 2020, su un totale complessivo di 19.019 soggetti in carico ai Servizi Sociali Minorili (14 – 25 anni) quelli con imputazioni di reato per violazione delle disposizioni in materia di sostanze stupefacenti sono stati 3.622 (19%); un quarto dei quali (n.930) preso in carico per la prima volta. La maggior parte sono maschi (95%) italiani (83%). 

Se nel tempo la distribuzione per genere non ha subito variazioni, la quota di stranieri è aumentata di due punti percentuali passando dal 15% del 2012 al 17% del 2018 per poi stabilizzarsi fino al 2020.

Nel sistema penale minorile il ricorso alla detenzione rappresenta l’extrema ratio. La normativa vigente consente di ricorrere all’applicazione di diverse misure meno afflittive. Tale principio, nel corso del 2020, si è rafforzato con l’esigenza di contenere la diffusione del virus SarsCoV-2 e gli ingressi negli Istituti Penali per Minorenni hanno registrato una significativa riduzione. Diminuzione sia nel dato complessivo (-31%) sia per reati in violazione della normativa in materia di stupefacenti (-48%). Negli Istituti Penali per Minorenni nel 2020 sono entrati 93 soggetti per reati droga-correlati.

Al 31 dicembre 2020, i procedimenti penali pendenti per il reato di produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope (Art.73 DPR n. 309/1990),contro autori noti presso le Procure e gli Uffici giudicanti, erano 92.875 coinvolgendo circa due soggetti per procedimento (189.707persone). L’andamento temporale evidenzia un aumento a partire dal 2016 delle persone coinvolte e, in maniera più accentuata, dei procedimenti penali pendenti per Art.73.

I procedimenti penali pendenti per i reati di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope (Art.74 DPR n. 309/1990) al 31 dicembre 2020 sono stati 4.681 e hanno coinvolto circa 10 soggetti per procedimento (45.467persone). Risulta stabile l’andamento del numero dei procedimenti pendenti mentre è in lieve aumento quello delle persone coinvolte.

Le sostanze

I prezzi relativi al traffico di marijuana oscillano tra 2.000 e 2.800 euro al kg, mentre quelli relativi allo spaccio sono tra 9 e 11 euro al grammo. L’hashish ha un costo mediamente più elevato rispetto alla marijuana – tra 2.500 e 3.500 euro al kg -, mentre quello allo spaccio tra 11 e 14 euro al grammo. 

Per l’eroina si rilevano importanti differenze tra la qualità brown e quella bianca. Nel primo caso il prezzo riferito al traffico varia tra un minimo di 17.100 e un massimo di 21.900 euro al kg, mentre quello riferito allo spaccio oscilla tra 36 e 58 euro al grammo. Per l’eroina bianca, invece, i prezzi variano tra 26.900 e 31.800 euro al kg per quanto riguarda il traffico, e tra 49 e 59 euro al grammo per quanto riguarda lo spaccio. 

La cocaina si conferma la sostanza più costosa: il prezzo al traffico varia tra i 35.100 e i 41.800 euro al kg, allo spaccio il prezzo oscilla tra 70 e 90 euro al grammo. 

Il prezzo medio per 1.000 pasticche di ecstasy varia tra 6.400 e 8.500 euro nel canale traffico, mentre allo spaccio la singola pasticca costa tra 15 e 20 euro. 

Infine, per quanto riguarda il traffico, 1.000 dosi di anfetamine hanno un valore di mercato compreso tra 6.300 e 7.600 euro, mentre lo stesso quantitativo di metamfetamine costa tra 8.900 e 9.800 euro. Nello spaccio invece una dose di amfetamina ha un prezzo compreso tra 22 e 25 euro e una dose di metamfetamina tra 31 e 39 euro.

Mille dosi di LSD costano tra 9.500 e 10.600 euro (traffico), mentre una singola dose si paga tra 21 e 28 euro (spaccio).

Per quanto riguarda i prezzi riferiti al traffico, tra il 2019 e il 2020 si osserva una riduzione dei valori minimi e massimi di mercato di amfetamine e metamfetamine, mentre aumentano quelli dell’hashish. Per le altre sostanze non si riscontrano variazioni sostanziali, se non nel prezzo massimo rilevato per l’ecstasy.

Le dipendenze

Le violazioni per guida in condizioni psicofisiche alterate complessivamente contestate sono state 445 di cui 418 per Art. 186 (Guida in stato di ebbrezza alcolica) 26 riferite a minori di 21 anni e neopatentati; 27 per Art. 187 (Guida in stato di alterazione psicofisica per uso di sostanze stupefacenti) di cui 7 per il rifiuto di sottoporsi ad accertamenti. I conducenti sanzionati per guida in condizioni psicofisiche alterate sia da alcol sia da sostanze stupefacenti sono stati 55. Le attività di controllo svolte nel 2020 hanno portato al ritiro di 429 patenti e al sequestro di 81,25 grammi di cannabinoidi. 

Nel corso del 2020 i Servizi per le Dipendenze, SerD, hanno assistito complessivamente 125.428 soggetti tossicodipendenti, per il 12% si tratta di nuovi utenti. Entrambi i dati sono in calo rispetto agli anni precedenti. 

Al termine del 2020 i detenuti “tossicodipendenti” (in tutto il documento questa è la dicitura utilizzata) in carcere erano 14.148, pari al 26% dell’intera popolazione carceraria, quota in calo rispetto al biennio precedente. Sul totale dei nuovi ingressi, i 6.975 soggetti tossicodipendenti sono il 39%, percentuale in costante aumento dal 2015.

I tossicodipendenti condannati che hanno usufruito di una misura alternativa sono stati 3.404: a seguito della diminuzione osservata dal 2012, il dato è rimasto stabile negli ultimi quattro anni. Circa 700 soggetti hanno usufruito di una sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità.

La Relazione insiste molto anche nella pubblicità delle operazione di confisca di partite di sostanze illecite.

Nel 2020 le operazioni antidroga svolte dalle Forze di Polizia in Italia e nelle acque internazionali limitrofe, considerando solo gli interventi con risvolti di rilevanza penale, sono state 22.695 (-13% rispetto al 2019). Il 45% di queste è stato condotto nelle aree settentrionali del Paese e per un terzo in quelle meridionali e insulari: la Lombardia emerge per il numero più elevato di operazioni condotte, seguita da Lazio, Campania, Sicilia, Puglia, Emilia Romagna e Piemonte. In termini percentuali, i maggiori incrementi, rispetto al 2019, sono stati invece registrati in Molise e Umbria, a fronte di un decremento percentuale registrato in Basilicata, Liguria, Toscana, Lazio, Emilia Romagna, Piemonte, Trentino Alto Adige e Veneto.

Le operazioni hanno portato al sequestro di kg 58.827,66 di sostanze stupefacenti (+7,4% rispetto al 2019), di 414.396 piante di cannabis (+85%) e di 38.276 compresse/dosi (-40%). Dei quantitativi di sostanze stupefacenti sequestrati sotto forma di polvere, il 50% riguarda i prodotti della cannabis, principalmente marijuana, il 23% la cocaina e poco meno dell’1% eroina e altri oppiacei; il 24% è rappresentato dalle sostanze sintetiche.

Nella presentazione di questi dati si allude alla possibilità che maggiore le confische minore la quantità disponibile sui mercati mentre, come spesso è stato dimostrato anche in altri studi, è vero il contrario.

C’è poi una parte relativa alla riduzione dei rischi e dei danni ma che ci interessa meno, sia perché la pandemia ha creato problemi a qualsiasi tipo di servizio socio-sanitario sia perché posta l’importanza del problema è successivo al permanere delle penalizzazione di comportamenti che non provocano vittima né, come documentato altrove nella Relazione, a se stessi.

Il problema però resta il perché si continui a produrre studi che confermano il permanere di un fenomeno e il suo evolversi senza che queste evidenze inneschino alcun ripensamento del perché non si va nella direzione auspicata dalla legge di 31 anni fa. Ultima domanda è, visto che finalmente si rispettano i termini per la pubblicazione perché non darsi da fare affinché le competenti commissioni parlamentari non discutano quanto inviato loro?


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