Su The Huffington Post Marco Perduca commenta la recente decisione dell’ FDA di consentire l’avvio di un trial di ricerca per l’impiego di ecstasy nella cura del DPTS
Martedì 29 novembre, la Food and Drug Administration, FDA, ha risposto positivamente alla richiesta di poter avviare una terza, e ultima, fase di ricerca applicata per l’impiego dell’MDMA, o Ecstasy, nella cura del disturbo post-traumatico da stress, DPTS.
La richiesta era stata avanzata dall’Associazione Multidisciplinare per gli studi Psichedelici, MAPS, un gruppo di ricercatori fondato nel 1985 col fine di sostenere l’uso medico legale di MDMA, LSD, cannabis e altre droghe proibite. Negli ultimi anni, MAPS aveva sponsorizzato sei studi di Fase 2 per curare un totale di 130 pazienti affetti da DPTS, col via libera dell’FDA la fase 3 comprenderà almeno 230 pazienti. Anni di ricerca, e mobilitazione a favore della libertà di ricerca scientifica da parte degli stessi ricercatori, hanno finalmente dato i frutti.
L’impiego principale dell’MDMA nella cura degli stress da trauma avverrà con decine di veterani di ritorno da Iraq e Afghanistan che, una volta tornati a casa, soffrono dei postumi dei traumi vissuti al fronte. Raramente gli ex-militari ricevono un’assistenza sanitaria di qualità e adatta ai loro problemi.
Essendo quella dei veterani una presenza costante – quasi strutturale – negli Stati uniti, negli anni, più ricercatori, hanno avviato dei progetti di ricerca pilota per impiegare alcune sostanze controllate nel tentativo di offrire una proposta terapeuta complessa, e complessiva, sulla base di alcuni promettenti esperimenti in laboratorio avvenuti in passato che aggiungessero psicoterapia, terapia di gruppo cercando di evitare il ricorso a decine di potenti cocktail di farmaci.
Negli anni i trial clinici si sono concentrati sul DPTS e hanno coinvolto un centinaio di pazienti in tutti gli Usa. Uno degli studi pubblicati di recente ha trovato che i pazienti che hanno assunto l’MDMA seguiti da uno psichiatra hanno mostrato un calo medio del 56% nella gravità dei sintomi del DPTS, e che il 67% dei partecipanti, alla fine del trial, non manifestava sintomi tipici della sindrome.
Sulla base dei promettenti risultati documentati in oltre 130 pazienti, la Food and Drug Administration, FDA, ha dato il permesso all’espansione a una fase 3 di test clinici del farmaco – che comunque resta illegale – che, una volta confermati nei loro sviluppi positivi, porterebbero all’approvazione dell’Ecstasy come farmaco prescrivibile.
Raggiunta dal New York Times, l’FDA ha rifiutato di commentare la notizia, citando i regolamenti che vietano di rivelare informazioni su farmaci che si stanno sviluppando, ma la decisione del 29 novembre marca sicuramente un punto di non ritorno. Le nuove buone notizie sulla ricerca sull’Ecstasy si vanno ad aggiungere al corpus di letteratura scientifica sulla cannabis.
In un’intervista al New York Times, Charles R. Marmar, capo del reparto psichiatrico alla Langone School della New York University, e uno dei ricercatori leader nella cura del DPTS, ha affermato di esser cauto ma fiducioso “Se [gli studi] possono continuare a ottenere buoni risultati, saranno di grande utilità. La DPTS può essere molto difficile da trattare. Le nostri migliori terapie in questo momento aiutano solo dal 30 al 40 per cento delle persone. Abbiamo bisogno di continuare”.
Il dottor Marmar ha anche espresso la sua personale preoccupazione per il potenziale abuso della sostanza “È un farmaco di benessere e sappiamo che le persone sono inclini ad abusare e il suo uso prolungato può portare a gravi danni al cervello.”
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