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Micro dosi di LSD: il primo studio sugli effetti

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Negli Stati Uniti, ma anche in Europa si ricorre a piccole dosi  per aumentare la creatività e la concentrazione, combattere la depressione e l’emicrania a grappolo. Ma è davvero un effetto della droga oppure è tutta suggestione? La Beckley Foundation presso l’Imperial College of London lancia uno studio online che, però, presenta più di un punto debole.

I manager della Silicon Valley sostengono che li aiuti a migliorare la creatività e le performance professionali. Altri dichiarano di averla usata per uscire dalla depressione e c’è anche chi vi ricorre per combattere la fastidiosa emicrania a grappolo. Non si tratta di un farmaco, ma di micro-dosi di Lsd (dietilammide dell’acido lisergico), la droga simbolo degli anni ’70.

Un trend molto diffuso negli Stati Uniti e che da un po’ è sbarcato anche in Europa (Italia inclusa) anche se non ci sono dati a riguardo visto che si tratta di sostanze illegali che ci si procura attraverso il mercato nero. Ma davvero assumere piccole quantità di Lsd può avere effetti benefici e addirittura terapeutici?

Per tentare di rispondere a questa domanda parte proprio oggi il primo studio promosso dalla Beckley Foundation presso l’Imperial College of London che si occupa di studiare gli effetti delle sostanze allucinogene sul cervello.

• IL PROTOCOLLO  
Il grande teorico del microdosaggio è considerato oggi lo psicologo James Fadiman che già negli anni ’60 aveva scoperto gli effetti dell’Lsd sulla produttività.

Il protocollo che aveva messo a punto – spiega Tania Re, consigliere generale dell’Associazione Luca Coscioni – prevede dieci microgrammi di Lsd ogni tre giorni. Fadiman ha condotto le sue ricerche negli Stati Uniti su un campione di 1.800 volontari che gli inviavano i propri rapporti online”.

La maggior parte delle persone sostenevano di sentirsi meglio, meno depressi e più creativi.

 

“Certo – prosegue Re – si tratta di uno studio osservazionale e come tale ha meno potenza rispetto ad un classico studio clinico in doppio cieco, ma il fatto è che soprattutto in Italia è veramente difficile realizzare ricerche serie su sostanze psicoattive inserite dal ministero della Salute nella tabella n.1, cioè quella delle sostanze vietate come l’Lsd”.

 COME PARTECIPARE ALLO STUDIO
In effetti, a parte Fadiman, trattandosi di una pratica illegale, fino ad oggi è stato impossibile studiarne seriamente gli effetti a livello cerebrale e capire se davvero la somministrazione di micro-dosi di Lsd possa avere un effetto terapeutico o sia, invece, solo autosuggestione.

Per saperne di più, la Beckley Foundation lancia oggi questa iniziativa la cui particolarità sta nel fatto che si tratta di uno studio ‘self-blinded’, cioè in cieco ma gestito in autonomia da chi partecipa. I volontari devono essere persone che già fanno uso di microdosi di Lsd e per partecipare possono cliccare a questo link https://selfblinding-microdose.org ed iscriversi.

Riceveranno un manuale con istruzioni molto dettagliate su come prepararsi da soli le capsule da assumere durante la sperimentazione: alcune conterranno le dosi di Lsd che questi soggetti già assumono di solito; altre, invece, saranno identiche ma vuote. Poi dovranno inserire le capsule in una confezione diversa a seconda che si tratti di quelle con Lsd o senza, mescoleranno per confonderle e le assumeranno casualmente per quattro settimane.

Grazie a dei codici QR leggibili da smartphone e apposti sulle confezioni delle dosi per ogni settimana, i ricercatori potranno sapere cosa hanno assunto. Nell’arco delle quattro settimane, i volontari completeranno questionari e test e faranno dei giochi cognitivi online e solo alla fine scopriranno se hanno avuto dei buoni risultati e sono stati concentrati grazie all’LSD o perché pensavano di averlo usato.

• I LIMITI DEL ‘PLACEBO FAI DA TE’
Insomma, i volontari possono auto-confezionare le micro-dosi a casa propria senza la supervisione del gruppo di studio. Per questo lo hanno definito ‘self-blinding‘ o anche ‘placebo fai da te’, una metodologia piuttosto nuova nell’ambito degli studi osservazionali in campo medico. Ma proprio quest’aspetto potrebbe essere il limite maggiore di questa iniziativa.

Per aggirare il problema dell’erogazione della sostanza ai pazienti – spiega Cherubino Di Lorenzo, ricercatore in neurologia presso l’Università di Roma La Sapienza – questi ultimi si limiteranno a re-incapsulare personalmente l’allucinogeno mettendo a repentaglio la natura ‘in cieco’ dello studio stesso perché potrebbero, più o meno inconsciamente, manomettere il cieco e falsare il tutto”.

In effetti, anche nei classici studi clinici in cui l’incapsulamento viene effettuato dai farmacisti, sembrerebbe che in due casi su tre i pazienti aprano la capsula per vedere cosa c’è dentro.

  COSA SUCCEDE A CHI PRENDE IL PLACEBO?   
Non solo: e se le molecole sono diverse (alcune più, altre meno attive)? E se le dosi sono diverse (io posso reputare per me una dose micro ma magari non lo è)? “Avremo gioco-forza risultati diversi, disomogenei e poco attendibili”, prosegue Di Lorenzo che qualche anno fa ha coordinato presso l’Università di Roma La Sapienza uno studio pubblicato sulla rivista Cephalalgia su pazienti colpiti dalla cefalea a grappolo che per trovare sollievo hanno fatto ricorso (autonomamente) a psilocibina, Lsd, Lsa (la sua versione naturale) e perfino eroina e cocaina.

Onestamente – aggiunge mi pare assai rischioso usare disegni di studio così deboli per indirizzare la ricerca verso un filone già abbastanza noto da circa 40 anni: le molecole ergoliniche sono state in commercio fino a pochi anni fa, alcune ancora sono reperibili in farmacia ed altro non sono che microdosi di sostanze allucinogene. Tutto ciò potrebbe portare a sovrastimare l’effetto positivo delle microdosi (o quello negativo della sua ciclica interruzione), portando a credere di poter beneficiare di effetti in realtà molto più blandi”.

Poi c’è il fatto che non conoscendo l’effetto che queste dosi esercitano sul cervello, non si può escludere una sorta di abitudine a ricevere tali sostanze: “Ciò potrebbe tradursi con un senso di malessere nel paziente i giorni in cui esso venisse a mancare perché si assume il placebo. Un po’ come quando faccio saltare la dose di antidepressivo ad un paziente abituato ad assumerlo: starà male!” afferma l’esperto.

 NON INCORAGGIARE LE SMART DRUGS
Nonostante le intenzioni dei ricercatori siano quelle di saperne di più sugli effetti cognitivi delle micro-dosi di Lsd, c’è il rischio di veicolare messaggi fuorvianti.

Da quello che si legge – chiarisce Di Lorenzo – gli sperimentatori vorrebbero valutare se, alla stregua delle amfetamine, le microdosi di allucinogeno abbiano un effetto ‘smart drug’, ovvero rendano più intelligenti. In caso di risultato positivo, passerebbe però un messaggio un po’ pericoloso”.

Insomma, sarebbe come dire: “Hai un esame, hai una scadenza da rispettare a lavoro, devi guidare più a lungo per fare le tue consegne? Il tè e il caffè non bastano più? Bene, sappi che da oggi oltre alla cocaina e all’amfetamina, ci sono anche le microdosi di allucinogeno che potresti comodamente prepararti a casa tua seguendo un tutorial in inglese con i sottotitoli in italiano facilmente reperibile su Youtube. Decisamente un messaggio fuori luogo e assai pericoloso” conclude il ricercatore.

Ma il team della Beckley Foundation rassicura: “Non vogliamo in alcun modo incoraggiare l’uso di Lsd e i partecipanti non riceveranno le microdosi da noi ma dovranno utilizzare quelle che in genere assumono da soli” – chiariscono.

 LE FASI DELLA SPERIMENTAZIONE
Questa modalità di reclutamento dei volontari consentirà di coinvolgere moltissime persone in tutto il mondo, più di quanto sarebbe stato possibile fare con uno studio clinico convenzionale.

Il programma è di terminare la raccolta dei dati entro l’estate del 2019 e pubblicare i risultati entro i primi tre mesi del 2020: “E’ fondamentale tener presente – spiegano i ricercatori della Beckley Foundation – che il nostro non è affatto un classico studio clinico ma non è neppure una semplice sperimentazione personale. Piuttosto è qualcosa che sta a metà strada. Se troveremo effetti promettenti rispetto al placebo, questi risultati saranno utili per realizzare ricerche medico-scientifiche più strutturate”.

 COSA SONO LE MICRO-DOSI DI LSD
Uno dei motivi per cui l’utilizzo di questa droga è così diffuso negli Stati Uniti è perché ne bastano piccole quantità. Per questo si parla di micro-dosi.

Ma di che quantità si tratta esattamente? “Mentre per un tipico effetto psichedelico era necessario assumere tra i 75 e i 150 microgrammi di Lsd – spiega Di Lorenzo – l’uso terapeutico effettuato dai pazienti si limita in genere ad assunzioni di 20 microgrammi per singola somministrazione, da ripetere magari dopo tre-quattro giorni”.

Già a queste dosi, l’LSD sembra avere degli effetti sull’umore e sul benessere generale facilitando anche il rapporto con gli altri, l’ascolto e la creatività.


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