Oltre 100.000 morti tra aprile 2020 e aprile 2021. No, non sono i decessi provocati dal Covid-19 in Italia o in qualche particolare Paese del mondo: sono le morti causate da overdose di oppioidi solo negli Stati Uniti. 75.000 di questi da overdose di farmaci oppioidi legalmente acquistati nei drugstore o online, non droghe illegali tagliate male e acquistate per strada.
Secondo i dati del National Center for Health Statistics il periodo più buio ed incerto degli ultimi anni, gli ultimi 24 mesi, ha visto crescere del 30% le morti da overdose di farmaci di questo tipo: per la prima volta le overdose fatali hanno superato il tragico bilancio della somma delle vittime di incidenti stradali e di quelle da armi da fuoco. La maggior parte delle vittime aveva tra i 25 e i 50 anni.
Nel 2015 le morti per overdose erano meno della metà: negli ultimi decenni i tassi di mortalità per overdose negli USA sono quadruplicati.
Secondo Rahul Gupta, direttore dell’Office of National Drug Control Policy americano, uno dei problemi è lo scarso accesso al naloxone, un farmaco che può invertire un’overdose di oppioidi, ragion per cui i funzionari sanitari dell’amministrazione Biden hanno promesso di ampliare l’accesso a questo tipo di farmaci anti-overdose. Ma è un cane che si morde la coda e in questo modo il problema, secondo molti, resta immutato perché le criticità sono ben più profonde di una scatola di naloxone: alcuni dei maggiori fattori di rischio per il sovrradosaggio da oppioidi sono infatti la disconnessione sociale e l’uso in solitaria di tali farmaci, caratteristiche amplificate dai blocchi (lockdown e distanziamento sociale su tutti) dovuti alla pandemia. E poi molto dipende da dove si vive: se i farmaci oppioidi e le sostanze illegali si distribuiscono grazie ad una logistica capillare, questo non vale per i farmaci salvavita, che in molti luoghi d’America non sono disponibili. Il caso del Fentanyl (un antidolorifico oppioide cento volte più potente della morfina), che ad un certo punto è stato protagonista di un vero e proprio boom commerciale, è emblematico.
Uno studio mostra che dal 1985 al 2004 la dimensione sociale di un cittadino americano medio è diminuita di un terzo e il numero di persone che affermano di non avere nessuno con cui confidarsi è triplicato. Un sondaggio del 2018 ha rilevato che solo circa la metà dei partecipanti sentiva di avere qualcuno a cui rivolgersi per tutto o per la maggior parte del tempo. La pandemia poi ha inclinato ancor di più il piano: in questi mesi sono aumentati i disturbi come ansia e depressione mentre, contemporaneamente, si riducevano le opportunità di trattamento di questi disturbi, oltre che dell’abuso vero e proprio di sostanze. Il combinato disposto non poteva che essere un’epidemia di overdose: la crisi colpisce soprattutto i maschi bianchi tra i 25 e i 54 anni, ma anche la comunità nera ha visto crescere le morti. Insomma, riguarda tutti, anche perché secondo Andrew Kolodny, direttore medico della Opioid Policy Research Collaborative presso la Heller School for Social Policy and Management della Brandeis University, è facilissimo accedere ai farmaci oppioidi: “Agli adolescenti vengono regolarmente somministrati oppioidi quando i loro denti del giudizio cominciano a spuntare”.
La risposta delle istituzioni è un pannicello caldo, fino ad ora: 1,5 miliardi per prevenzione e trattamento, 30 milioni per i servizi di riduzione del danno. Noccioline, alcune delle quali marciscono in fretta di fronte alla burocrazia (ad esempio l’obbligo di un’autorizzazione federale senza la quale i medici non possono prescrivere buprenorfina).