Il 14 e 15 marzo si tiene alle Nazioni unite di Vienna un “segmento ministeriale” interamente dedicato al “controllo internazionale delle droghe”; la settimana successiva si terrà invece la sessione regolare della Commissione delle Nazioni Unite sulle Droghe (CND).
L’Associazione Luca Coscioni e Science for Democracy saranno presenti con Marco Perduca e Guido Long per seguire i lavori per partecipare ad alcuni dibattiti il 20 e 21 marzo su “psichedelici”, la ricerca su piante e sostanze proibite per fini medici e per denunciare la brutale guerra alla droga nel sud-est asiatico.
Il documento con cui si chiuse la Sessione speciale dell’Assemblea generale sulle droghe (UNGASS) del 2016 ha confermato una tendenza positiva in tutto il mondo che, finalmente, considera il controllo delle droghe tenendo presente il loro impatto sulla salute piuttosto che insistere con politiche di tipo “securitario”. La dichiarazione adottata da tutti gli stati membri dell’ONU al Palazzo di Vetro tre anni fa ha, finalmente, affermato la necessità di porre particolare attenzione ai diritti dei minori, alla parità di genere e alla proporzionalità della pena – proprio come ha stabilito la Corte Costituzionale in questi giorni per quanto riguarda l’Italia.
E a proposito di pene, in una trentina di paesi resta in vigore la pena di morte per reati di droga. Secondo un recente rapporto di Harm Reduction International:
- Il numero totale di esecuzioni confermate per reati di droga (escludendo la Cina, includendo i dati molto limitati del Vietnam) tra il 2008 e il 2018 è di 4,366 (3,975 solo in Iran);
- Solo quattro di questi paesi hanno giustiziato persone per reati di droga nel 2018 (Cina, Iran, Singapore e Arabia Saudita). È probabile che il Vietnam abbia eseguito esecuzioni legate alla droga, ma per via del segreto di stato non è possibile confermarlo;
- Almeno 91 persone sono state giustiziate per reati di droga nel 2018 (escludendo Cina e Vietnam);
- Ciò rappresenta una diminuzione del 68.5% rispetto al 2017, un calo dovuto principalmente agli sviluppi in Iran, dove le esecuzioni per reati di droga sono diminuite del 90% (dalle 221 del 2017 alle 23 del 2018);
- Oltre 7,000 persone nel mondo sono attualmente nel braccio della morte per reati di droga;
- Almeno 13 paesi hanno condannato a morte un minimo di 149 persone per reati di droga non violenti nel 2018. Una proporzione significativa dei condannati è composta da cittadini stranieri;
Sebbene il numero di esecuzioni sia in diminuzione, a causa del veto da parte dei paesi che la praticano, non è stato raggiunto un documento in cui si escluda categoricamente la pena di morte per reati di droga. Stessa mancanza di consenso si continua purtroppo a registrare relativamente alla riduzione del danno, se da un lato varie pratiche di riduzione del danno sono elencate nel documento del 2016, l’espressione “riduzione del danno” non compare mai in quanto tale.
Nel frattempo, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha riconosciuto i benefici terapeutici della cannabis e ne ha consigliato la riclassificazione nei trattati internazionali. La decisione è arrivata troppo tardi per esser inserita tra i punti in discussione della prossima CND, ma sicuramente si tratta di uno sviluppo incoraggiante poiché l’OMS è l’organo dell’ONU competente sulla salute.
L’Organo internazionale per il controllo degli stupefacenti (INCB, International Narcotics Control Board) ha in questi giorni pubblicato il suo rapporto annuale, con un capitolo speciale interamente dedicato alla cannabis, il tema dell’anno. Il giudizio dell’INCB è, come purtroppo da sempre, categoricamente in contrasto con il parere dell’OMS. Il Board si dice infatti contrario alla legalizzazione per uso non medico perché considera troppo alto il rischio che la pianta e i suoi derivati arrivino ai minori o a persone non autorizzate.
L’unico sviluppo positivo rispetto ai rapporti del passato è uno sforzo da parte del Board di dialogare con i governi che praticano o condonano uccisioni extragiudiziali di persone sospettate di reati di droga.
Il segmento ministeriale non si apre sotto i migliori auspici, sarà infatti presieduto dal Sudan. Durante il dibattito generale, ogni paese illustrerà cosa ha fatto negli ultimi 10 anni relativamente al “controllo internazionale sulle droghe” e cosa intende fare per il prossimo decennio. Le organizzazioni della società civile potranno intervenire, ma solo se ci sarà tempo a sufficienza. Pare che tutti i paesi vogliano prendere la parola (alcuni saranno rappresentati dai capi di stato e di governo) quindi il contributo delle ONG è a rischio.
Il 15 marzo, alla fine del segmento ministeriale una dichiarazione politica sarà approvata per consenso. Il documento è già stato negoziato per mesi e dovrebbe esser composto da un preambolo, una parte sul passato e una sul futuro. In queste ultimi settimane, i maggiori punti di frizione fra i paesi hanno riguardato gli obiettivi di eradicazione della droga, i diritti umani, gli obiettivi di sviluppo sostenibile e la partecipazione dei vari organismi dell’ONU e della società civile alla presa di decisioni.
Non è ancora dato sapere chi rappresenterà l’Italia. Se dovesse essere, come plausibile vista la delega, il ministro Fontana, l’Italia potrebbe allinearsi al blocco dei paesi più conservatori, invece di allinearsi con quelli che negli ultimi anni hanno fatto passi significativi passi avanti tanto per l’uso della cannabis terapeutica quanto nella diminuzione delle pene per reati di droga.
A presto per un resoconto della due giorni ministeriale e per la presentazione della prossima Commissione droghe dell’ONU.