Il 26 giugno si celebra in tutto il mondo la Giornata internazionale contro il consumo e il traffico di droghe. Indetta dall’Assemblea Generale nel 1987, la ricorrenza ricorda l’obiettivo comune a tutti gli stati membri delle Nazioni Unite: “creare una comunità internazionale libera dalla droga”. Lo slogan scelto per quest’anno dall’ufficio ONU contro la Droga e il Crimine è “Listen First” (prima ascoltare) e l’obiettivo è aumentare il “sostegno per la prevenzione del consumo di droga” basandosi su “evidenze scientifiche” per “investire efficacemente nel benessere dei bambini e dei giovani, le loro famiglie e le loro comunità”.
ln preparazione della giornata mondiale, l’Ufficio delle Nazioni unite per le droghe e il crimine, UNODC pubblica il Rapporto Mondiale sulle Droghe. Il documento di quest’anno conferma che “Intorno al cinque per cento della popolazione adulta, quasi 250 milioni di persone di età compresa tra i 15 e i 64 anni, ha usato almeno una sostanza stupefacente nel 2014”. Una cifra sostanzialmente simile a quella degli ultimi quattro anni.
Allo stesso tempo però il rapporto segnala che “il numero di persone che hanno un uso problematico delle sostanze è aumentato significativamente per la prima volta in sei anni arrivando a 29 milioni per il 2014 mentre erano 27 l’anno prima”. Inoltre, si afferma che “circa 12 milioni di persone si inietterebbero sostanze illecite e il 14 per cento di questi risulta sieropositivo”.
Secondo l’UNODC “la mortalità correlata agli stupefacenti illeciti sembrerebbe rimasta stabile in tutto il mondo – nel 2014 vi erano ancora circa 207.000 decessi.” Un numero eccessivamente elevato di decessi che, secondo l’ONU “potrebbero esser evitati se interventi adeguati fossero in atto”. Il rapporto denuncia inoltre che “l’uso di eroina, e dei relativi decessi per overdose, sarebbe fortemente aumentato nel corso degli ultimi due anni” in particolare in alcuni paesi del Nord America e Europa occidentale e centrale”. Gli oppiacei, legali e illegali, restano quindi e sostanze che maggiormente provocano danni e conseguenze per la salute.
Il Rapporto conferma inoltre che la cannabis resta la “sostanza più usata a livello globale, con una stima di 183 milioni di persone che l’hanno utilizzato nel 2014”. Un’analisi comparativa mostra che, “soprattutto in Occidente, il consumo di cannabis è salito in parallelo con una maggiore accettabilità verso quella droga e che in molte regioni, sempre più persone hanno iniziato un trattamento medico per disturbi da uso di cannabis negli ultimi dieci anni”.
Come avviene ogni anno, si tratta di un documento che in modo parziale, se non fuorviante, tenta di mascherare i fallimenti del proibizionismo. Ad aprile scorso l’Onu aveva tenuto una sessione speciale dell’Assemblea generale sul “controllo mondiale delle droghe” (UNGASS), dove i toni bellicosi da “guerra alle droga” degli ultimi decenni avevano lasciato il posto a formule diplomatiche che finalmente “concedeva” la possibilità di interpretare le tre convenzioni sugli stupefacenti in modo prammatico, senza più puntare a “un mondo senza droga”.
Purtroppo la situazione continua a non esser così rosea come i consessi diplomatici la vorrebbero presentare; infatti, esistono ancora una cinquantina di paesi che prevedono pene severissime per reati connessi al traffico e all’uso personale di sostanze, punizioni che, nei casi di Iran, Arabia Saudita, Indonesia e Pakistan, arrivano fino alla pena di morte.
Negli ultimi anni si è sicuramente assistito a un abbassamento dei toni a livello multilaterale, e quasi tutte le agenzie dell’ONU hanno abbandonato il proposito dell’eradicazione forzata delle piante proibite, cercando di spostare la propria attenzione sulla prevenzione ma, malgrado questo cambiamento d’approccio, il fenomeno rimane immutato nelle sue dimensioni, rischi, danni e costi.
Di fronte a questo stato di cose, il fatto che l’ONU abbia deciso di celebrare il 26 giugno con un rapporto che denuncia la legalizzazione come incentivo al consumo e un innocuo invito all’ascolto conferma che il consenso su come “controllare le droghe” non esista sia più, e che siamo entrati in una fase di transizione caratterizzata da proposte opposte in cui le alternative al carcere iniziano a diventare realtà molti paesi mentre in altri si negano gli sviluppi di importanti analisi scientifiche.
Per quanto riguarda l’Italia manca una chiara impostazione politica. Se nel 2014 la Corte costituzionale ha annullato buona parte della legge Fini-Giovanardi, i successivi adeguamenti hanno “semplicemente” riportato la nostra legislazione al testo del 1990 come emendato dal referendum radicale del 1993. E da sei anni non si convoca la Conferenza nazionale sulle droghe.
Eppure al Dipartimento per le Politiche Antidroga non c’è più uno “zar”, eppure ilMinistro della Giustizia Olrando all’UNGASS aveva detto parole chiare contro l’ideologia proibizionista aprendo alla valutazione dell’efficacia delle politiche basate sulle evidenze scientifiche, eppure il Parlamento italiano è l’unico dove quasi 300 legislatori si sono uniti per promuovere la regolamentazione legale della marijuana e l’Italia è l’unico paese dove è in corso una raccolta firme per una proposta di legge d’iniziativa popolare per la legalizzazione della produzione, consumo e commercio della cannabis promossa dall’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica e Radicali Italiani con la collaborazione e il sostegno della Coalizione Italiana per le Libertà Civili e Democratiche, Forum Droghe, Società della Ragione, ABuon Diritto, Antigone, Coalizione per la legalizzazione della Canapa, La PianTiamo,Possibile e di decine di grow shop.
Il contesto politico italiano sarebbe maturo e favorevole per l’unico radicale cambio di prospettiva: la legalizzazione. Il miglior modo di celebrare la lotta al narcotraffico, e non solo il 26 giugno, è quindi promuovere il controllo legale di tutte le sostanze oggi proibite – l’ultima frontiera del “made in Italy”.